Oggi è il decimo anniversario da quella che è tutt’ora la mia più grande delusione legata al meteo. Delusione che nemmeno dopo tutto questo tempo ho digerito.
Mentre io, appena finito il primo anno di scuola media, mi sono trovato a casa con una stupida influenza estiva di tre giorni, una piccola supercella ha voluto incantare (e terrorizzare) tutta la laguna di Venezia con un impressionante tromba marina tornadica che ha coinvolto più isole di Venezia (Sant’Elena, La Certosa, Sant’Erasmo) e parte di Cavallino-Treporti lungo un tragitto di circa una decina di chilometri.
Nelle sue prime fasi il vortice ha anche incrociato il percorso del ben più cattivo fratellone del 1970. Successivamente, la supercella ha prodotto un secondo tornado sul litorale veneziano che si è abbattuto nei pressi di Duna Verde di Caorle.
Ricordo come fosse ieri leggere sulla Nuova di Venezia la storia del gruppo di bambini intrappolati nel container dove si erano rifugiati mentre fuori il tornado faceva piazza pulita di alberi e piccole imbarcazioni, come ricordo altrettanto bene di aver guardato dalla terrazza di casa in direzione laguna.
La scena fu questa: cortina di pioggia che man mano lascia spazio ad una nera base piatta, un qualcosa che sbuca fuori da dietro la casa dei vicini, quel qualcosa che si ritira rapidamente nelle nuvole e che lascia solo dei fractocumuli dal moto estremamente rapido e casuale. Se solo avessi saputo cosa caspita era successo dietro a quella casa…
Articolo redatto da Federico Pavan