L’evento tornadico del 24 luglio 1930

Questa è una data storica per la meteorologia italiana ed europea, in quanto si tratta di uno dei pochi giorni con un tornado plausibilmente valutabile come F5 sulla scala Fujita nel nostro continente.

In base anche alle notizie dei giornali archiviati, il tornado faceva parte di un evento temporalesco più esteso che andava dalle langhe piemontesi alla Carnia, evento risultato in un totale di 26 morti e almeno 122 feriti in tutto il nord Italia. Nonostante sia degna di nota anche una grandinata con chicchi da 200 g di peso ed apparentemente almeno 10 cm di diametro a Rosà, ovviamente ciò che è più noto è appunto il plausibile F5 passato alla storia come la Tromba del Montello.

Dal lavoro scritto di A. Puppo e P. Longo nel 1934 il famoso “ciclone” dal percorso di 80 km tra trevigiano e pordenonese risultano esserci dei salti importanti: la loro ricostruzione dell’evento inizia a Castello di Godego, passando per Vallà di Riese Pio X (nota per l’evento tornadico del 6 giugno 2009), la parte meridionale di Montebelluna, tutti i settori sudorientali del Montello fino al Barco di Susegana.

Qui il primo salto. Una seconda traccia al suolo si indentifica da sudest di Conegliano attraverso i territori di Godega di Sant’Urbano e Gaiarine fino a Sacile. A seguito di un secondo salto, un terzo percorso viene individuato tra Fontanafredda e San Quirino, affiancato addirittura da un secondo percorso parallelo a nord. Pare quindi che il pordenonese fece follie con un doppio tornado. Con le conoscenze attuali è facilmente ipotizzabile una natura ciclica della cella madre dati i due salti di oltre 4 e circa 5 km rispettivamente, poco idonei come periodici sollevamenti dal suolo di una singola tromba, ed una fase “alla Pilger, Nebraska 2014” con due tornado gemelli.

Altra conoscenza attuale (seppur tutt’ora oggetto di studio) applicabile all’evento del Montello è la fase di “trombe multiple” osservata intorno ad Edificio di Altivole: in base alla ricostruzione di Puppo e Longo, in questa zona pare si siano sviluppati quattro tornado satelliti (i tornado satelliti sono vortici secondari generalmente più piccoli che si osservano orbitare intorno al centro di un mesociclone e/o di un tornado più intenso e principale, che possono concludere la loro vita venendo assorbiti nel vortice principale come in questo caso). Ebbene, la somma di questi vortici secondari par aver avuto un ruolo importante per quella che sarebbe diventata la fase di piena maturità del tornado (durata da Montebelluna sud fino a Susegana, con punti probabilmente fino ad F4-F5) con una triplicazione circa del diametro al suolo. Questa evoluzione è stata osservata in simulazioni ad altissima risoluzione condotte dal dott. Leigh Orf e colleghi all’Università del Wisconsin (le trovate tutte su Youtube, roba affascinante!): la somma di vortici pseudo-satellitari minori e quindi della loro vorticità ciclonica contribuisce alla genesi e apparentemente all’intensificazione/mantenimento di un tornado violento.

Infatti, come riportato nel lavoro scritto, la fase di somma dei satelliti nel tornado principale segue una fase di instabilità del tornado stesso testimoniata da danni ritrovati in modo discontinuo segno di una scarsa intensità ed organizzazione del vortice, ma seguita da un tratto di danni gravissimi in un diametro massimo di circa 750 metri. Nuovamente, questa cosa è tutt’ora soggetto di studio, ma vedere come il pattern osservato nel 1930 in Veneto sia quasi sovrapponibile con simulazioni moderne è entusiasmante. Un altro satellite viene osservato in zona Sacile, ma all’unione con questo corrisponde la dissipazione del secondo tornado.

Altrettanto entusiasmante è la rigorosità della ricostruzione da parte di Puppo e Longo, testimoniata dalla ricostruzione del pattern di danno indicatore per indicatore. Insomma, sarebbero da ritrovare anche tutte quelle tavole. Peccato che la scala Fujita non esistesse già dall’epoca. I due hanno calcolato anche una velocità di spostamento media di circa 57.5 km/h e descrivono elementi importanti che tutt’ora notiamo: localizzazione del vortice sul bordo meridionale della cella temporalesca e nette virate a destra del vortice rispetto alla direzione media dei temporali e anche di quello genitore nelle sue fasi meno intense.

Viene inoltre riportata l’osservazione di “effimeri” sottovortici/vortici di risucchio interni al tornado principale (e probabilmente responsabili per i danni più gravi, cosa suggerita anche dall’osservazione di tali danni circondati da danni apparentemente minori, nelle foto reperibili).

Importante anche il dettaglio di ricaduta dei detriti (spicca un quadro sollevato a Volpago del Montello e caduto a 48 km di distanza nella zona di Piancavallo), cosa che succede quando i detriti sollevati da un tornado finiscono nella corrente discendente frontale (Forward Flank Downdraft, FFD) e quindi ricadono, è un fenomeno che oggi negli USA si osserva spesso al radar con i tornado più violenti (“Debris Fallout” nelle immagini polarimetriche di coefficiente di correlazione).

Molto interessanti anche i calcoli della possibile velocità del vento massima che si assestano sui 270-290 km/h (fino a 480 km/h nel caso peggiore), anche se è da sottolineare come questi calcoli siano stati ottenuti da un traliccio della corrente piegato dal vortice, rendendo quindi possibile la presenza di venti anche ben superiori in sottovortici. Ed infine, interessante anche il tentativo di calcolo della pressione interna al vortice.

Un ultimo dettaglio molto interessante raccontato nello scritto è la presenza di punti lungo il percorso del tornado in cui non solo il suolo è stato raschiato ma addirittura mosso creando solchi, “sollevando ed asportando la terra”.

 

Articolo Federico Pavan 

Dantex

Ideatore e gestore della pagina meteo "Pazzi per il meteo goriziano & storm chasing" nonché amministratore del sito stesso.